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martedì 21 aprile 2015

PARLIAMO DI SEXY BARISTE???

Sono ormai un'infinità le tendenze all'esagerazione a cui, negli ultimi anni siamo stati costretti ad abituarci e, volenti o nolenti, dovremo fare l'abitudine anche a questa. Ci vuole poco per capire, che anche questa moda da Italietta, dilagherà in tutto il territorio Nazionale, del resto è chiaro che il fenomeno delle Sexy bariste rende e anche parecchio. Aprire un Bar, specie di questi tempi, è sempre un'attività imprenditoriale a rischio, i costi sono alti, i clienti sempre più parsimoniosi e soprattutto la concorrenza è sempre agguerrita.
Neppure più le trovate culturali, tipo i Caffè letterari e i Lounge bar con il loro contorno di musica colta o di DJ alla moda, funzionano come una volta. Ecco qui l'idea vincente (vecchia come l'Umanità): Una bella ragazza, disinibita, (s)vestita generosamente, che prepara il caffè, muovendo passi latini, dietro il banco e il gioco è fatto! Frotte di curiosi avventori prendono d'assalto il locale, decine di giovani con l'acne e vecchi nostalgici diventano improvvisamente caffeinomani, la clientela (naturalmente maschile) cresce smisuratamente e la cassa del Bar ricomincia d'incanto a tintinnare allegramente. Le mogli e fidanzate gelose protestano? Meglio... tutta pubblicità che va a sommarsi al servizio televisivo sulla TV locale e al patinato calendario che, di mese in mese, ci ricorderà la nostra barista sexy, allegra e sorridente, dietro il banco che (maledetto lui) ci divide ma non nasconde tutta la sua avvenenza.






A dire il vero, guardando le foto che stanno riempiendo la Rete, sull'avvenenza di queste nuove "Banconiere" ci sarebbe qualcosa da ridire, non è propriamente da Gentiluomini commentare l'aspetto fisico di una Signora, ma se questa si presenta come la nuova Venere del Botticelli, uscendo dalla conchiglia dovrebbe perlomeno fare attenzione che non sia il guscio di una "Cozza". Ma infondo si tratta di sottigliezze, si sa: "gli uomini sono uomini" e quando si tratta di sognare con il cervello e ragionare con gli ormoni, non li batte nessuno. Ecco così, che una minigonna lillipuziana e un balconcino generoso, fanno dimenticare tutti i problemi della giornata, ritorna il buonumore e ci si sente più giovani ed intraprendenti, appoggiati al rigido bancone, con gli occhi da pesce lesso fissi su tanta grazia ( cellulite a parte) allegramente esposta. Certo, fare colazione la mattina, accompagnati da un bel sorriso, non può che fare piacere e Dio benedica la capacità di creare buonumore che solitamente possiedono le donne, ma il concetto, nel nostro caso, pare leggermente diverso. Da anni si incontrano nei Locali delle lavoratrici che alla loro professionalità uniscono una bella presenza, e non solo nei Bar (vedi ad esempio le famose "commesse del centro"). Una tendenza nata negli anni 80 e poi diventata quasi un marchio per alcuni Esercizi commerciali di vario tipo. Bellezza, simpatia, cordialità, tutti fattori, che se non portati all'esaperazione, ad un cliente non possono che fare piacere, uomo o donna che sia, ma senza il bisogno di trasformare queste ragazze in "fischietti di richiamo" per le allodole, o meglio per gli Allocchi.

Comunque, preso atto che il fenomeno è ormai inarrestabile, togliamoci la curiosità di sapere chi è stata la prima di queste novelle "Bocca di rosa". Il primato se lo contendono tutte naturalmente ed ognuna giura e spergiura di essere lì da secoli, con lo stesso atteggiamento e con gli stessi "vestitini", pare però che, effettivamente la prima a comparire nelle pagine di cronaca e a richiamare la storia della famosa canzone di Fabrizio De Andrè, sia stata la signorina Loredana Zavate, detta Lory, procace titolare del "Lory Pinky Bar" di Cà del Bosco di Sopra, ridente (nel vero senso della parola) località in provincia di Reggio Emilia. La vicenda risale alla primavera del 2011 e la cronaca si occupò del caso, non tanto per la figura di Lory, quanto per la rabbiosa reazione di un comitato di morigerate signore del Paese, che (annusando probabilmente odore di possibili Corna) avevano presentato un esposto ai Carabinieri, o almeno così si dice, anche se la generosa Lory sostiene di non averne mai saputo niente. Pare che la bionda e tornita ragazzotta abbia origini Brasiliane e che proprio a questo si deva il suo carattere espansivo ed anche i suoi famosi passi di samba a gambe nude, sempre dietro al solito maledetto bancone. Pare anche che prima di aprire il Bar lavorasse in una bancarella del locale mercato e che anche lì non disdegnasse affatto esibire le sue grazie e le sue doti di ballerina. A vedere le foto che si trovano sul Web, c'è da credergli, dà proprio l'impressione di essere spontanea e probabilmente la più simpatica tra tutte le concorrenti che l'hanno seguita o copiata.

La protesta paesana nei confronti di Lory e del suo Lory Pinky Bar, causò molto malumore tra gli affezionati avventori, al punto tale che si unirono a loro volta in comitato, pronti alla lotta dura senza paura per opporsi con ogni mezzo alla possibile chiusura del Locale. Il comitato lo chiamarono proprio: "Bocca di Rosa" e pare che proprio da qui nasca tutta la storia. La favoletta ha naturalmente un lieto fine, il bar è tuttora aperto e con una florida attività e la bella Lory continua a sorridere, servendo birre e bicchierini, tra un samba e l'altro. La morale rimane comunque la stessa: I tempi cambiano, le donne cambiano e gli uomini rimangono sempre i soliti fessi. A proposito... a quando i Sexy Baristi?

L'AMBIENTE DEL TUO LOCALE, IL TUO BIGLIETTO DA VISITA

Certamente il pensiero fisso di ogni titolare di esercizio pubblico è quello di incrementare la clientela, attirare nuove persone e, di conseguenza, aumentare gli incassi; e certo di idee per migliorare il fatturato possono essercene molte, non tutte, col tempo, si rivelano vincenti, perché orientate solo al profitto e non alla soddisfazione del cliente. Cominciamo allora a parlare dell'impatto che ogni locale può avere sugli avventori, cominciando dall'ambiente, l’arredo e l’atmosfera.
La prima cosa da dire è che il cliente entra volentieri in un locale dove si sente a suo agio. Può sembrare una considerazione ovvia e banale, ma si presta a molti ragionamenti.
Sentirsi a proprio agio significa, per la maggior parte delle persone, sentirsi rassicurati che il luogo in cui entrano e in cui consumeranno alimenti offrirà loro le sensazioni che conoscono e che vogliono, senza sorprese. Quindi preferiranno scegliere un locale che trasmette un’impressione di accoglienza, di calore, di attenzione ma anche pulito, in cui il cibo appare di qualità e servito in maniera gradevole e non spiazzante.
Anche un sorriso può fare la differenza: ho visto troppi bar, ristoranti, locali serali e notturni dove ad accoglierti c'era un o una indifferente, se non ostile faccia annoiata, o peggio spazientita, quasi a farti capire di non essere gradito; e un impatto così non mi ha certo invogliato a ritornare in quei posti.
Tutto perciò fa atmosfera, non solo l'arredo, a cui comunque bisogna fare attenzione, non solo l'estetica del posto in sé. Accoglienza è anche affabilità, gentilezza, cortesia e attenzione al cliente, che non dimentichiamolo mai, è quello che ci permette di vivere.
Curiamolo, accogliamolo come un ospite, coccoliamolo, lui gradirà e ritornerà.
 
 
 

Un ultimo dettaglio: anche un locale che appare troppo costoso, cioè il cui il conto minaccia di essere salato può risultare una barriera per la percezione dei clienti….

OGGI A TAVOLA: I GRANDI VINI PUGLIESI, QUELLI NOTI E QUELLI MENO CONOSCIUTI

Oggi vorrei chiudere in bellezza la giornata parlandovi di vino. Quello pugliese in particolare. Conosciamo meglio questi straordinari ambasciatori del made in Italy noti ed apprezzati in tutto il mondo. Tra essi qualche illustre sconosciuto ai più, ma di una nobiltà e raffinatezza pari ai loro "colleghi" più famosi.

Sempre di più la Puglia si conferma territorio privilegiato per l’allevamento di vitigni a bacca rossa, anche di quelli non propriamente famosi come il susumaniello per esempio, che appartiene comunque allo storico patrimonio ampelografico regionale e che ha trovato il suo ideale habitat in provincia di Brindisi. Dapprima, dopo la sua recente riscoperta e la relativa valorizzazione, il susumaniello era utilizzato soltanto in uvaggio con altre varietà locali, adesso invece sempre più spesso è vinificato in purezza.
All’ultima edizione di Radici del Sud l’Azienda Masseria Li Veli di Cellino San Marco ha presentato l’etichetta Askos Susumaniello Salento Igt 2012, con cui ha conquistato la prima piazza, decretata dalla giuria internazionale, nella categoria del “Gruppo Misto Vini Rossi da Vitigni Autoctoni di Puglia”.
Acciaio, legno piccolo e grande e vetro per una maturazione del vino di più di un anno. Alcolicità che raggiunge i tredici gradi e mezzo.
Ccolore rubino scuro, ma con riflessi violacemente giovanili sull’unghia. L’impatto aromatico è subito vinoso ed è connotato poi da note fruttate di amarene, prugne, ribes e more. In seguito il bouquet esprime anche essenze odorose di vegetali, di spezie, di rabarbaro, di cuoio e di tostato. In bocca il sorso è ragionevolmente tannico, leggermente ruspante e d’infilata anche ampio, fresco, morbido, sapido, elegante, equilibrato, armonico e seducente. Finale pervasivo. Tipologia di vino che sicuramente ha davanti a sé un futuro roseo. Prezzo interessante. Da accompagnare a pasta al sugo, carni arrosto e formaggi stagionati. Prosit!
Questa scheda è di Enrico Malgi
Sede a Cellino San Marco (Br) – S. P. Cellino-Campi, Km 1
Tel. 0831 618259 – Fax 0831 616657
Enologo: Riccardo Cotarella
Ettari vitati: 33 – Bottiglie prodotte: 350.000
Vitigni: negroamaro, primitivo, malvasia nera, susumaniello, aleatico, verdeca e minutolo.
 




 

Chissà perché, ma la malvasia nera del Salento mi fa venire in mente il pallagrello e il casavecchia del Casertano. Forse perché i tre vitigni hanno in comune la recente riscoperta e la valorizzazione dopo gli anni trascorsi nel dimenticatoio. Ed a pensarci bene, la malvasia in un certo senso ha attinenza anche col piedirosso, perché entrambe le specie in passato sono state impiegate quasi esclusivamente a supporto di altri vitigni. Insieme col negroamaro per la composizione del Salice Salentino, per quanto riguarda il vitigno pugliese, e nel classico blend campano insieme con l’aglianico per il piedirosso. Negli ultimi tempi, invece, la situazione è cambiata e così i due ceppi sempre più spesso sono vinificati in purezza, con risultati più che lusinghieri.
Proprio com’è il caso dell’azienda brindisina Masseria Li Veli di Cellino San Marco, che propone un’etichetta declinata soltanto con la malvasia nera.  Nell’ambito del progetto Askos (nome che evoca una sorta di decanter greco ante litteram del I secolo a.C.), nato nel 2009 con lo scopo di selezionare antichi vitigni quasi dimenticati, si producono vini di grande carattere e di altissima qualità.
L’azienda, che appartiene alla famiglia Falvo, ha visto la luce nel 1999 e dispone di 33 ettari vitati, quasi tutti interessati dal tipico allevamento ad alberello. Il corpo principale aziendale è formato da una masseria che sorge su un antichissimo sito messapico che domina tutta la fertile piana salentina.
La Malvasia Nera Salento Igt 2012, dopo aver effettuato la fermentazione e la malolattica, è transitata in botti di rovere da 50 ettolitri per nove mesi e poi è stata imbottigliata, trascorrendo alcuni mesi per l’ulteriore affinamento. Il tasso alcolometrico è 14 gradi.
Il colore che si riverbera nel bicchiere è già consolidato da un rubino vivace e luminoso. L’avvolgenza aromatica che attacca le narici è complessa, composita e godibilmente fruttata di melograno, di lampone e di marasca. Si colgono poi anche sensazioni olfattive speziate e minerali e deliziose sfumature floreali. In bocca si manifestano una piacevole sapidità, un’ottima struttura, una discreta spalla acida ed una tannicità primitivamente pungente.
Andando a scavare nel profondo, si evidenziano anche libidinose percezioni di piccoli frutti del sottobosco, una lineare morbidezza che accarezza il palato, effetti mentolati e balsamici, pieghe eleganti e contorni di liquirizia e di cioccolato fondente. Finale doviziosamente palpitante e pervasivo. Ottimo vino da abbinare a paste asciutte, spiedini di capretto e/o a formaggi stagionati.
Questa scheda è di Enrico Malgi
Sede a Cellino San Marco (Br) – S.P. Cellino – Campi, Km 1 Tel. 0831 618259 – Fax

mercoledì 15 aprile 2015

L'ULTIMO MANUALE DELLA COLLANA GIURIDICA STUDIOPIGI

L'EDIZIONE 2015 DEL MANUALE DI DIRITTO PENALE

IL NUOVO MANUALE DI DIRITTO COSTITUZIONALE

PER CORSI E CONCORSI: IL MANUALE DELL'OSS

IL NUOVO MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO

ECCO IL MANUALE DI PROCEDURA CIVILE

LA TUA PUBBLICITA': LA MACELLERIA MOTTA

STUDIOPIGI RACCONTA:

 

È UNA STORIA CHE SA DI GENUINITÀ, QUELLA DELLA MACELLERIA MOTTA.

La famiglia Motta non ha un trascorso di generazioni nel commercio della carne: questa è la prima cosa che Giuseppe tiene a precisare, con la fierezza di chi ha saputo costruire nell’arco di poco più di cinquant’anni un’impresa non solo florida sul piano economico, ma che nel proprio settore rappresenta un vero punto di riferimento per la qualità e la selezione del prodotto. Giuseppe è del 1936, nato come ultimo di sette fratelli pochi mesi dopo la morte di suo padre: la famiglia, in quegli anni, vive lavorando la terra in una cascina nei dintorni di Inzago. Dopo la guerra, via via che i fratelli di Giuseppe si sposano, si allontanano dalla cascina per andare ad abitare in paese lasciando con la madre il fratello minore che, nel frattempo, poco più che bambino, inizia a lavorare nelle macellerie di Inzago.
Nel 1950, compiuti i quattordici anni, Giuseppe può fare il grande salto e andare a lavorare a Milano, assunto in regola con la paga di 2.700 lire alla settimana. Il negozio era in via Panfilo Castaldi all’angolo con via Lazzaretto: Giuseppe tutte le mattine prende il tram che da Inzago lo porta a Milano. I primi lavori sono da garzone, come andare a portare la carne a domicilio ai clienti privati o negli alberghi della zona di Porta Venezia. Oltre ad arrotondare lo stipendio con le mance, che riceve per le consegne, Giuseppe ottiene piccoli incarichi anche dai proprietari degli alberghi che gli affidano, per esempio, l’acquisto dei biglietti del teatro per i propri clienti. Anche i ristoranti della zona si servono di lui: quando organizzano dei banchetti Giuseppe lava i piatti in cambio della cena e di mille lire di paga. Sono anni di lavoro intenso per lui che non rifiuta mai un lavoro pur di portare a casa qualche lira in più: la sera, rientrato a Inzago, gli capita spesso di andare a macellare nei paesi del circondario.
A Milano Giuseppe resta per tredici anni, dal 1950 al 1963, cambiando numerosi negozi, con l’intervallo del servizio militare svolto a Napoli nel 1957, durante il quale continua a fare il macellaio sotto le armi. Prima del servizio militare Giuseppe lavora sempre nella zona di Porta Venezia tra via Panfilo Castaldi, via San Gregorio, via Lazzaretto. Nel 1958, dopo sei mesi trascorsi in piazza Irnerio, Giuseppe viene assunto in una macelleria di viale Lombardia dove resta a lavorare fino al 1963, anno del ritorno a Inzago.
Nel 1962 Giuseppe si sposa con Carla Fumagalli e i due si trasferiscono in paese con la madre di lui lasciando definitivamente la cascina. Nello stesso anno, con il denaro messo da parte, Giuseppe decide di acquistare per 4.300.000 lire una macelleria a Milano proprio in via Castaldi dove aveva iniziato a lavorare. Se non che, pochi giorni prima dell’acquisto, Carla annuncia al marito la propria gravidanza e Giuseppe, spaventato dalle possibili complicazioni, decide di rinunciarvi.
I circa 1.500 macellai che lavorano a Milano negli anni ’60 si sono più che dimezzati in trent’anni, ma allora il mercato della carne era uno dei più ricchi e apprezzati del continente: come racconta Giuseppe citando l’ex presidente della categoria Maggi: “A Milano c’era quotidianamente una varietà di tagli che altrove, anche a Parigi, si poteva trovare solo per le feste”. Lavorare a Milano, oltre che un motivo di orgoglio, è per un giovane macellaio un’occasione eccezionale di crescita professionale. Di lunedì al macello di via Lombroso, quando i commercianti si recano per scegliere i capi da acquistare, c’è oltre un migliaio di bestie. Una volta acquistate, il veterinario ne autorizza la macellazione, vengono timbrate e poi macellate nei giorni successivi dalle squadre di addetti del macello. Se un macellaio non dispone di un proprio mezzo, c’è un camion del Comune che distribuisce la carne ai negozi.
Nei primi anni Cinquanta ci sono dodici giovani macellai che con Giuseppe vanno a lavorare a Milano da Inzago e dai paesi vicini (Gessate, Cambiago, Vaprio, Canonica, Cassano d’Adda) e nel 1962 tutti hanno già aperto i propri negozi al paese. Motta è l’ultimo quando nel 1963, dopo aver abbandonato l’idea di aprire una propria attività a Milano, acquista da Mario Comelli per 2.750.000 lire le mura del negozio attuale, l’abitazione soprastante e un macello attiguo per il quale Comelli non ha l’autorizzazione. L’accordo tra i due prevedeva che, qualora Motta non fosse riuscito a ottenere il nulla osta per il macello, il prezzo sarebbe stato ridotto di un milione. A Inzago, infatti, c’è un veterinario condotto che ha già autorizzato la vendita della carne, ma che per l’attività di macellazione non ha voce in capitolo. Per fortuna l’esperienza maturata nei primi anni di carriera a Milano risulterà molto importante per Giuseppe per avviare la propria attività, a cominciare proprio dall’ottenimento dell’autorizzazione a macellare in proprio. Giuseppe ricorda infatti come il dottor Fusar Poli, veterinario del macello pubblico di Milano, fosse molto favorevole al fatto che i giovani con un buon bagaglio di esperienza aprissero in provincia le proprie attività commerciali: avvertito da Motta al martedì pomeriggio, si presenta a Inzago mercoledì alle sette del mattino per esaminare il macello e rilasciare la propria autorizzazione.

Nel 1963, con l’avvio dell’impresa commerciale, inizia una nuova fase per la famiglia Motta.

Con la possibilità di gestire in proprio l’attività di commercio e di macellazione, il lavoro di Giuseppe muta profondamente, infatti è lui a questo punto a dover seguire l’intero processo: dalla scelta dei capi, alla macellazione, al taglio e alla vendita della carne. Gli acquisti di bestiame vengono fatti nelle cascine dell’Est milanese e della Bassa bergamasca, dove vengono allevate vacche della razza Bruna alpina: una razza versatile che consente la produzione di latte e la macellazione per scopi alimentari. In seguito nella pianura lombarda la razza Bruna alpina viene abbandonata a vantaggio della Bianca e nera, vera miniera di latte, ma di scarsa resa per la macellazione e da allora Motta comincia a rifornire il proprio macello con capi di razza piemontese provenienti dalle province di Asti e Cuneo.
“Dal giorno dell’apertura fino ad oggi il nostro negozio non ha mai fatto un giorno di chiusura, mai un giorno di vacanza!”, ci confida con orgoglio Giuseppe. Sempre nel 1963 Carla e Giuseppe hanno il primo figlio Galdino, detto Dino, e cinque anni più tardi nasce Sergio. Tutti e due cominciano ben presto ad affiancare il papà, soprattutto in occasione dell’annuale Fiera di Inzago, quando allevatori e macellai della zona espongono i propri capi migliori, e i due posano fieri accanto ai genitori nelle foto che li ritraggono con i premi vinti dai buoi della Macelleria Motta.
Nel 1976 la famiglia Motta si completa con la nascita di Elena, mentre i due fratelli maggiori continuano a seguire il papà nei suoi giri in camion per stalle e per fiere. Col passare degli anni Dino sceglie gli studi di veterinaria e oggi esercita la professione accanto al negozio dove Sergio lavora con i genitori: anche se il suo ruolo nella conduzione dell’impresa va aumentando con il tempo, la titolarità della ditta individuale continua a rimanere in capo al padre Giuseppe.

IL MANUALE DI DIRITTO PRIVATO

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martedì 7 aprile 2015

VENEZIA BY STUDIOPIGI

Una giornata a Venezia come non l'avete mai vista. La città sul mare, meta di milioni di turisti, patrimonio dell'UNESCO e meraviglia architettonica italiana in venticinque esclusive foto targate STUDIOPIGI. Una chicca per gli appassionati lettori del Blog.
Eccole tutte per voi.