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giovedì 29 gennaio 2015

I "PUNTI DI RISTORO ALTERNATIVI"

Tempo di crisi, si riciclano anche le idee.
Già, perché, anche se se ne parla molto negli ultimi mesi, l'idea di "home restaurant" non nasce oggi.
Ho ricordi, nella mia ormai lontanissima gioventù, di almeno due posti "casalinghi" in cui ho avuto la fortuna di soddisfare le mie "voglie" (ahimè, solo culinarie).
Il primo a Macerata Campania, in provincia di Caserta, dove, all'interno di uno dei classici cortili delle costruzioni rurali di cui è piena la zona a Nord del capoluogo di Terra di Lavoro, si potevano gustare solo ed esclusivamente delle formidabili "impepate di cozze" o degli altrettanto strepitosi soutè di cozze, vongole e cannolicchi, frutti di mare oggi un po' dimenticati. Il tutto innaffiato da un sempre freddissimo vino bianco "di casa" (cioè prodotto ad uso e consumo del proprietario) contenuto in bottiglie che facevano bella mostra di sè in grosse vasche refrigerate da enormi blocchi di ghiaccio.
Il servizio, affidato alle graziose figliole del padrone di casa, comprendeva l'accompagnamento di generose porzioni di limone da spremere senza parsimonia sulle sempre abbondanti porzioni di cozze, mentre i tavoli, una decina e tutti in plastica bianca come le sedie, venivano "conciati" (apparecchiati) con tovaglie quadrate di carta bianca, in un'ambientazione scenografica che più spartana era impossibile da immaginare. I prezzi ultranazionalpopolari garantivano la massima affluenza possibile in ogni periodo dell'anno, sia a pranzo che a cena.
E mentre da "u' zuzzus" (lo sporco - così era soprannominato il gestore di quella improbabile trattoria) gli orari non eccedevano le 22, in provincia di Benevento, ed esattamente dalle parti, se non ricordo male, di Durazzano, potevi avere fame, almeno nel fine settimana, fino alle tre di notte. Anche a quell'ora il rustico gestore di un altro di quelli che io amo chiamare "punti di ristoro alternativi" era pronto ad accogliere intere comitive di giovani e ragazze baldanzosamente affamati (e non soltanto di te...).
Oggi l'idea torna a farsi strada, grazie anche ad una incertezza (strano!!) normativa che sembra non negare la nascita di questi che alcuni (io no!) definiscono "home restaurant".
Questa cucina casareccia e casalinga, insomma, può diventare un vero e proprio business. Basta avere la regolare E senza fare grossi investimenti, scegliendo solo in quali pietanze specializzarsi.
Un po' come succede da sempre a Cuba con la formula della casa particular che oggi viene riscoperta in Italia e declinata in diversi modi, a seconda delle sensibilità dei padroni di casa: diffondere la gastronomia tipica, dare sfogo alla passione per i fornelli, socializzare e conoscere persone diverse.
Basta avere una cucina (e quella di casa va benissimo), un po' di posto per ospitare i commensali (pochi perché è pur sempre una casa), sapersi organizzare e soprattutto destreggiare tra le pentole perché qui a farla da padrone è la qualità.
E "non servono autorizzazioni del Comune o dell'Asl, spiegano Michele e Daniela (lui giornalista, lei per anni ha lavorato all'interno del Municipio) che a Roma, "grazie all’articolo 1 comma 100 della Legge Finanziaria 2008 n.244 (del 24/12/2007)" hanno aperto ad aprile scorso il loro “Home Restaurant”.

Possono ospitare fino a 10-12 persone nella loro casa romana (d'estate anche sul terrazzo - bellissimo se c'è ed è ampio e magari con vista strepitosa) a cui offrono prodotti tipici della gastronomia laziale e ricette della tradizione romana con prodotti che variano a seconda della stagione, forniti da piccoli produttori locali.
Spese? “Giusto quella per un frigorifero più grande di quello che avevamo, 2-3 tavolini pieghevoli e una sistemata al salotto per renderlo più accogliente. Ma per il resto usiamo quello che abbiamo, compresi i piatti, perché l'obiettivo è di sentirsi a casa”, spiega Daniela.
Ecco, proprio quello è il segreto. Sentirsi a casa, ritrovare, in un ambiente rilassante, i gusti e i profumi che sentiresti se ti fossi messa ai fornelli della tua cucina, senza la distorsione formalista di un vero e proprio ristorante.
Ed infatti le maggiori soddisfazioni arrivano dai turisti che apprezzano la semplicità, i menù e i prodotti della tradizione di cui Daniela e Michele raccontano anche le storie "e così la visita turistica di Roma prosegue a casa nostra, con le gambe sotto il tavolo”, aggiunge Michele. Si mangia quel che c'è, soprattutto in base alla stagione, ma c'è sempre un minimo di scelta sia tra i primi che tra i secondi piatti, in questo "Home Restaurant" (punto di ristoro alternativo!) aperto sulla scorta della passione di questa coppia per la cucina.
Mentre, e qui andiamo su qualcosa di più esclusivo e sofisticato, è dalla passione per New York che un'altra coppia, milanese, ha aperto in casa propria, ormai da due anni e mezzo, “Ma' hidden kitchen Supper Club”. Per cenare qui c'è una lista d'attesa di 3mila persone. In questo caso si tratta di un'associazione culturale per la quale il cibo non è l'obiettivo ma il mezzo per favorire condivisione e conoscenza. “Non vogliamo fare i ristoratori, ma dare alle persone la possibilità di incontrarsi”, racconta Melissa, che lavora anche nel campo della moda e si è lanciata i questa avventura con il marito Manuele, freelance.
“Avevamo in progetto un trasferimento a New York che poi è sfumato e così abbiamo deciso di portare a Milano un po' di America, importando la formula dei supper club”, spiega Melissa. Successo immediato, come dimostra la lista di attesa. Per partecipare bisogna iscriversi alla loro mailing list, ricevendo date e menù del mese successivo, e i primi 10 si aggiudicano il posto al grande tavolo in cui mangiano insieme persone che non si conoscono. Per garantire l'effetto sorpresa e la socializzazione, non si accettano prenotazioni superiori a 4 persone.
Casi isolati? Non tanto. Basta guardare la situazione di Roma, dove ce ne sono in ogni quartiere, per tutti i gusti e tutte le tasche.
E tu? Hai mai pensato di aprire un " punto di ristoro alternativo"? Vorresti condividere la passione per la cucina e fare di casa tua un centro di ritrovo e socializzazione aperto ed accogliente?
Vuoi saperne di più e conoscere tutti i passi, anche normativi, necessari per lanciarti in un'avventura che può rivelarsi vincente?
Sotto la guida di un esperto consulente un piccolo sogno può diventare la tua splendida realtà.
 
Contatta adesso STUDIOPIGI.
 
 

giovedì 15 gennaio 2015

STORIE DI "CARNE": TRASFORMA LA TUA ATTIVITA' IN UN'IDEA VINCENTE!

Sei titolare di una macelleria, magari tramandata da generazioni? Pensi di essere un profondo conoscitore di ogni taglio? Conosci mille modi di preparare le frattaglie? Vuoi affiancare alla tua attività primaria una piccola attività di somministrazione da gestire in modo facile e vincente? Se la tua attività ha sede in ampi locali, è ubicata nel centro storico di una città o un piccolo borgo facilmente raggiungibile, questa è l'idea giusta per te!
Vuoi lasciare a tuo figlio un'attività giovane, innovativa senza abbandonare la vendita e trasformazione di carni? Vuoi vedere incrementati i tuoi affari e la tua clientela, diventando un imperdibile punto di riferimento nella tua zona?
STUDIOPIGI sta registrando un marchio che porterà all'apertura di alcune decine di punti-ristoro in ogni regione italiana.
Se vuoi saperne di più, vieni a scoprire l'ultima, innovativa idea targata STUDIOPIGI. Puoi essere il primo!
Contattami via mail senza impegno per un'idea di massima, ne resterai affascinato!



 
 
 
 
 
Info: studiopigi@yahoo.it

martedì 13 gennaio 2015

IL WEDDING PLANNER AI TEMPI DI STUDIOPIGI

Il “wedding planner” è una delle figure più in ascesa degli ultimi anni, portato alla ribalta dal film "Prima o poi mi sposo" (Wedding planner, il titolo originale) una commedia brillante interpretata da Jennifer Lopez e da Matthew McConaughey.
Ma cos’è esattamente un wedding planner? E’ una sorta di regista, di direttore d’orchestra del vostro matrimonio, un supporto psicologico che vi tiene al riparo dagli inevitabili attriti tra sposi, suocere e damigelle: in pratica una sorta di Fata Turchina per il vostro giorno più bello.
E che deve, necessariamente, avere alcuni indispensabili requisiti quali:
- la capacità di ascolto per comprendere i reali desideri e necessità degli sposi in modo da offrire un servizio adeguato;
- la pazienza e la diplomazia per la gestione delle controversie familiari e degli isterismi che un tale evento di norma comporta;
- capacità organizzativa per poter gestire l’evento in tutti gli aspetti e coordinare i fornitori;
- il buon gusto per rendere unico e impeccabile ogni singolo particolare.
 
Oggi STUDIOPIGI può offrirti anche questo.
Con la collaborazione dell'impeccabile wedding planner Guglielmo SOLANO, professionista di provata esperienza, organizzare le tue cerimonie più belle non sarà più un problema!
Rilassati, concentrati solo sulla parte piacevole dell'evento.
Al resto pensiamo noi!!!
 
Il wedding planner, un altro servizio STUDIOPIGI.
Come sempre in tutta Italia!
 
Ulteriori info alla mail studiopigi@yahoo.it
 
O visita la pagina facebook Guglielmo Solano Wedding Planner
 
 
 
 

lunedì 12 gennaio 2015

MA QUANTO E' IMPORTANTE L'INSEGNA PER LA TUA ATTIVITA'?

Il primo impatto, quello visivo, che la tua attività commerciale ha sul potenziale cliente, è fondamentale. Perciò la scelta del nome giusto, e di un'insegna accattivante, inciderà almeno al 30% sull'acquisizione di nuova clientela.....
Ma qualcuno sembra proprio non rendersene conto. Ecco cosa possiamo incontrare in giro per l'Italia...













 
 
 
 
Ogni commento mi sembra superfluo........
 
PER EVITARE DI INCORRERE IN ERRORI DEL GENERE.....consultate un professionista.
 
STUDIOPIGI, chi ben comincia si vede dall'INSEGNA!!!

domenica 4 gennaio 2015

NON DOVEVA SUCCEDERE

OGGI E' UN GIORNO TROPPO TRISTE.
OGGI NON E' "NU JUORN BUON".
OGGI SE N'E' ANDATO UN PEZZO DELLA NOSTRA VITA, DEI NOSTRI RICORDI, DEI NOSTRI SOGNI.
OGGI ABBIAMO PERSO UN FRATELLO, UN AMICO, LA COLONNA SONORA DEI NOSTRI VENT'ANNI.
OGGI LA NOSTRA TAZZULELLA E' CAFE' E' TERRIBILMENTE AMARA....

OGGI JE SO PAZZ DI DISPIACERE.


CIAO PINO

 

venerdì 2 gennaio 2015

RICHIESTO IL RICONOSCIMENTO DI CORSI FORMAZIONE

STUDIOPIGI INFORMA.
 
Richiesto in data odierna alla Regione Campania il riconoscimento dei seguenti corsi di formazione professionale:
 
ADDETTO CONTROLLO QUALITA'
ESPERTO IN COMUNICAZIONE MULTIMEDIALE
PANIFICATORE
CERAMISTA
FALEGNAME
O.S.S (OPERATORE SOCIO-SANITARIO)
PREVENZIONE INCENDI
 
Sulla pagina facebook e sul blog la massima diffusione della risposta della Regione.
 
AD MAIORA

SELEZIONE CLIENTI ALL'INGRESSO DEI LOCALI DA BALLO: E' LEGALE?


La discoteca è una meta classica, un passatempo sempreverde per tantissime persone, specialmente per gli under 40.

Per i ragazzi, la serata in discoteca rappresenta (solitamente: per alcuni è una vera e propria iattura) un momento di evasione, di catarsi dalle fatiche lavorative o di studio. È anche l’occasione nella quale condurre a buon fine l’ultima conquista amorosa del momento: in questo caso, oltre a divertirsi, occorrerà “fare bella figura”.

Una volta conclusa la maniacale toilette del pre-serata ci si collocherà sotto un’immaginaria campana di vetro, così da non compromettere l’architettura delle complicate acconciature (anche maschili, s’intende), e ci si presenterà, vestiti di tutto punto, all’ingresso del locale, riconoscibile per la eloquente, chilometrica fila di astanti.

Dopo lunga attesa, durante la quale verranno mormorate tutte le giaculatorie possibili e immaginabili per propiziare un sicuro ingresso nel locale da ballo, si giungerà al cospetto dei buttafuori, veri e propri guardiani del Tempio Danzante.

Questi avranno il compito di giudicarvi e di ammettervi al cospetto del “Dio DJ”.

Vi squadreranno muti e severi, in cerca di pecche nell’abbigliamento o di tracce di delinquenziale sui vostri volti. Il discorso, come avrete capito, vale per lo più per i ragazzi. Anche se non vi verrà eccepito alcunché, non sarete necessariamente “dentro”: potreste sentirvi obiettare che non potete entrare perché “non siete in lista” e resterete, così, tra color che son sospesi, per dirla (scomodandolo) col Sommo Poeta.

Rimarrete, in parole povere, fuori dal locale. Ai margini di una fila. Fermi ad osservare con mestizia gli altri che entrano a divertirsi.

Ahi. E adesso che si fa?

Se possedete buoni doti dialettiche potreste instaurare un contraddittorio con il buttafuori che, mosso a pietà, potrebbe decidere di ammettervi, magari dopo che voi avrete millantato amicizie con questo e con quello. O potreste tentare di mendicare l’ingresso presso uno degli organizzatori della serata, che benignamente vi darà il sospirato “lasciapassare”.

Se dovesse andarvi male, non vi resterà che andarvene via con le pive nel sacco, e così alla vostra eventuale partner avrete dato una convincente e persuasiva prova di inettitudine totale.

Molti si sono chiesti, dopo essere stati bocciati alla selezione dei buttafuori, se questo modo di procedere sia lecito. Difficile dare una risposta esaustiva perché la materia, se così si può chiamare, è, tanto per cambiare, controversa.

La prima questione da risolvere è quella della natura del locale da ballo; su questo punto non è facile generalizzare perché – stando a quello che si vede – i posti nei quali si balla sono organizzati nelle forme più varie: discoteche, discopub, circoli privati, club, sedicenti associazioni culturali, eccetera. Ognuno di questi locali ha caratteristiche sue proprie. In ogni caso, si può affermare che la discoteca vera e propria rientra nella tipologia dei pubblici esercizi.

Dal ginepraio delle norme italiane, viene spesso estratto, e puntualmente citato, l’art. 187 del regolamento per l’esecuzione del T.U.L.P.S. (Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), che vieta all’esercente di ogni esercizio pubblico di rifiutare le prestazioni della propria attività a chiunque le domandi e ne corrisponda il prezzo (con le sole eccezioni degli artt. 689 e 691 c.p.: i quali pongono il divieto, in via di sintesi, di somministrare di bevande alcoliche a minori, infermi di mente e soggetti già ubriachi).

Questa norma si applica alle discoteche? Secondo alcuni sì; secondo altri, invece, no.


I primi sostengono che la discoteca è un pubblico esercizio, ergo chiunque voglia entrare deve poterlo fare, a condizione che paghi il relativo biglietto. Le liste, o altre eventuali obiezioni sul vestiario, sull’ingresso dei singles, eccetera, sarebbero del tutto illecite.

La ragione della soluzione contraria, ad avviso della quale il gestore potrebbe porre delle condizioni all’accesso, compresa quella di istituire una “lista” degli aspiranti ballerini, risiederebbe nel fatto che l’art. 187 del regolamento T.U.L.P.S. sarebbe contenuto nel paragrafo n. 15, dedicato agli “esercizi pubblici”, mentre l’attività della discoteca dovrebbe essere ricondotta alla disciplina del precedente paragrafo n. 14, appositamente volto a regolare gli spettacoli e i trattenimenti pubblici. Da qui, si comprenderebbe perché sarebbe lecita la eventuale selezione della clientela all’ingresso.

Il discorso si complica ulteriormente per quei locali che si professano club privati o “associazioni culturali”, per accedere ai quali è necessario tesserarsi. In questo caso, l’ingresso dovrebbe essere riservato ai soci, anche se non è da escludersi che il socio divenga tale soltanto dopo essere entrato: qualcuno dello staff gli consegnerà una tessera e gli farà compilare qualche modulo.

Si comprenderà bene che se lo schema organizzativo è quello del club privato, la “selezione” non dovrebbe avere alcun senso, poiché all’ingresso dovrebbero presentarsi soltanto i soci già tesserati. Quindi l’unico controllo dovrebbe consistere nell’esame della tessera sociale.

Formalismi a parte, alcune accortezze potrebbero essere sufficienti per evitare spiacevoli inconvenienti (coloro che vengono respinti all’ingresso di un locale subiranno la frustrante esperienza della “serata rovinata”): i gestori dei locali rendano ben note le modalità di accesso nei loro locali. Lo dicano, soprattutto, con largo anticipo, in modo da consentire a tutti di saperlo prima di presentarsi all’ingresso.

Il buon nome di un locale, spesso, dipende anche da queste piccole forme di cortesia nei confronti della clientela.