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giovedì 19 settembre 2013

"TRASGREDIRE" A BERLINO

Locali notturni, nightclub, discoteche e i peccaminosi locali a luci rosse: ad un passo dal centro di Berlino, ad Alexanderplatz, c'è tutto un pullulare di vita che non perde occasione per mostrare il suo lato peccaminoso.
Berlino infatti, oltre ad essere una magnifica città, è una delle grandi capitali delle notti europee.
Dimenticate la freddezza nordica: da anni l'attenzione dei visitatori si sta spostando sempre più verso dei locali che vanno ben oltre una semplice tendenza hot, aiutati anche dalle birrerie di Berlino.
La "caliente" Berlino, infatti, in realtà non dorme mai e se lo fa, non ha molti vestiti addosso. Lungo la Fiedrichstrasse e soprattuto verso Oranienburgerstrasse troverete, proprio nel bel mezzo della capitale, prostitute infreddolite che aspettano clienti, magari di ritorno dallo shopping a Berlino.
Da non perdere la vita notturna di Berlino, tra i locali per gay e lesbiche più famosi in città (e Venus Berlino, la Fiera dell'Eros).

Locali notturni, discoteche e locali a luci rosse a Berlino

Balzato agli onori della cronaca poco prima dell'inizio dei Mondiali di Calcio, nell'estate del 2006, l'Artemis Sexclub è ancora una delle mete più gettonate della città.
Se il passaggio ad ovest non vi spaventa, fate un salto in questo "centro commerciale del peccato", magari alla fine della partita di calcio nel vicino stadio. Tremila metri quadrati di stanze con arredamento a tema, velluto rosso e ori, salone centrale con piscina, saune e jacuzzi, e c'è perfino un cinema.
Se cercate qualcosa di più tranquillo potete sempre rivolgervi al Liberty, in zona Schoneberg o, nel caso vi piaccia lo striptease, al Rush-Hour: uno strip e tabledance club non-stop.
Ma Berlino è una città che sorprende, che ammalia, e che, dicono stupisca...perciò io ed un mio collaboratore (danke!) dovevamo vedere, e capire. Si sceglie un simbolo, e si va.
Il KitKat Club.
Non un bordello, non un night, ma, come ci fanno subito notare, una vera e propria ISTITUZIONE.
Sono le due e mezzo del mattino di sabato. Mentre io ed uno stretto collaboratore dello studio aspettiamo di entrare, si ferma un taxi, scendono in cinque, tre lui e due lei, parlano inglese. Calze a rete, gonne di pelle, uno dei “lui” ha un cappello nero con una piuma gialla di pappagallo mentre sotto è vestito con una di quelle salopette che fa tanto hipster anni ’60, l’amico sta in jeans sotto e camicia rossa con quadretti verdi sopra, una di quelle che andranno anche tanto di moda a Londra, New York , ma che a te continuano a ricordare il tavolo del pranzo della domenica di tua nonna. Devono superare la selezione all'ingresso, ma guardando l'altro lui, pessimo, capisco che non li lasceranno mai entrare; il gruppo si mette in fila, passano cinque minuti ed eccoli di nuovo davanti a noi a cercare di intercettare un altro taxi. Non ridono più, sono stati rimbalzati. Io ed il mio collaboratore ci guardiamo: basterà il nostro look informale? Ci vuole un ritocco, cazzo. Ci hanno detto che più sembri gay più hai possibilità di entrare. Allora ci siamo dati da fare con matita e rimmel, ma....basterà???

Arriva la coppia che stavamo aspettando Christoph e la sua ragazza. Lei è vestita sadomaso, lui ricorda un gangster anni 20, vestito grigio con cappello a falde larghe, gli manca solo il sigaro e poi gli chiederei dov’è la bisca più vicina. Lui è cool, lui entra sicuro, lei pure, asiatica, tipo bondage e pure una bella ragazza, sono la coppia perfetta. Noi, dobbiamo fare di più, ancora di più. Ecco allora un po' di fard, dobbiamo esagerare... Ci mettiamo in fila, mai mi ero conciato - e sentito - così. Loro entrano. Tocca a noi, incrociamo le dita. “Entrate, sì, ma solo se vi levate i pantaloni”, dice - categorico - il buttafuori. Restiamo un attimo perplessi, ma pur di entrare, levarci giusto i pantaloni ci va benissimo. E così eccoci seminudi davanti al guardaroba a dare giacca, cappello, maglioni e pantaloni. Accanto a noi c’è Chris che ride: il suo è un look da o tutto o niente e così ora sta dentro vestito di tutto punto mentre io sotto la camicia ho le mutande e le scarpe, nulla più, tanto che mi rendo conto che non so dove mettere i soldi per bere e il cellulare, ma è meglio non approfondire questo punto cercando di capire quale soluzione (l’unica possibile) abbia adottato. Ce l’abbiamo fatta, dai dai dai. Ci guardiamo intorno. Accanto a noi passano due omaccioni a torso nudo, di quelli che ti immagini che fino ad un paio d’ore prima mentre noi stavamo a casa a bere una tazza di thé giocavano a mortal kombat con i lupi della Spreewald. Il loro busto da solo è un abbigliamento e così i pantaloni attillati sotto con tanto di anfibioni sembrano un’unica divisa indivisibile, come quella dei pompieri. Camminano diritti davanti a noi, finché uno dei due si gira e guarda teneramente il mio collaboratore come si guarderebbe una gran figa..il pericolo di passare una serata da "obiettivi numero uno" è molto alto. “Dobbiamo toglierci almeno il fard e la matita sotto gli occhi”. E così eccoci in fila al bagno del KitKat Club, uno di quei luoghi mistici di cui senti a lungo parlare e ti immagini che vi succeda di tutto e così difatti è. Molti ragazzi vi ci entrano ed escono in coppia, le teste pelate sono tante, la fila è lunga e solo il ragazzo dietro di noi ci rivolge la parola chiedendoci se siamo in fila. Ci strucchiamo, usciamo e finalmente mettiamo ordine alle impressioni sul locale.
E’ diviso in tre ambienti principali. Uno è una sorta di salone con tanto di bar, ci sono divanetti dove sedersi e osservare chi entra e chi esce. Su una poltrona un uomo sui sessanta è completamente nudo e tiene freneticamente il proprio pene tra le dita. Lo eccita l’atmosfera e per le successive tre ore in cui rimaniamo nel locale lo troveremo sempre lì, sempre intento nello stesso movimento. La barista è scazzata, ci serve con un fare talmente antipatico che anche se ha un bel seno (nudo) e inizialmente i nostri occhi si soffermano solo su questo e quasi ci viene voglia di chiederle di shakerarci le birre, ad un certo punto alziamo anche lo sguardo e memorizziamo il suo viso mettendolo nell’archivio delle persone da cui è meglio stare alla larga per non farsi andare la serata di traverso. Accanto a questa sorta di ingresso/salone c’è un’altra sala da chillout con divanetti e luci soffuse dove però il riscaldamento non funziona bene e ci mettiamo piede giusto un paio di secondi prima di capire che non fa per noi, nudi come siamo dalle mutande in giù. La terza sala è quella in cui si balla, il locale “vero”. Ci sono donne ovunque e sono in molti casi bellissime. Forse in alcuni casi sono prostitute in attesa di turisti ed imbucati come noi, gente che si accontenta della parvenza della trasgressione pur di sentirsi sull’onda degli eventi e della vita, ma che in realtà di tutta quella realtà prende giusto la dose per dummies, ma sono così sexy che poco importa, stasera ci accontentiamo di guardare e qui di cose da guardare ce ne sono parecchie e non parlo solo delle espressioni preoccupate di Luca di cui sorrido sotto i baffi.
Entriamo nella sala da ballo. La musica è elettronica, c’è spazio per tutti, ognuno balla per conto suo, escluse le coppiette che sono lì per la prima volta ed è chiaro che sono solo curiosi, non si metteranno alla prova, non almeno questa volta, ma anche loro hanno fatto le cose per bene, si sono vestiti alla KitKat e girano mezzi nudi per la sala. Una ragazza dai boccoli rossi balla estasiata guardando in alto. Delle bretelle le tengono l’ampia gonna, una di quelle che di diametro misurano un metro e che lei tiene aperta con entrambe le mani. Sembra stia godendo di chissà quale strana sostanza ingerita, ma quando nel passarle accanto pesto le dita di una ragazzo sotto di lei mi rendo conto che la situazione è un po’ diversa, c’è qualcuno che sta facendo un servizio là sotto e qualche minuto dopo, quando mi rigirerò nella sua direzione, mi renderò conto che quel lavoro è fatto a turno da più ragazzi che si danno il cambio probabilmente illusi dall’idea che prima o poi la gentilezza diventi reciproca. Due ragazze, anche loro completamente nude ballano davanti a noi. Una delle due ha una corona hawaiana e nient’altro, è anche a piedi nudi. Un vecchio, ma vecchio davvero, direi più di settant’anni, balla lentamente accanto a loro cercando di strusciarsi in ogni modo a loro due che già sono abbastanza intime, si abbracciano e ogni tanto si baciano anche, dando comunque l’idea di guardarsi intorno alla ricerca di un terzo o forse anche quarto compagno di giochi. Non scommetterei un centesimo sull’uomo che invece alla fine, a forza di insistere, riesce ad infilarsi tra le due e a divertirsi a suo modo. Noi balliamo, siamo circondati sia da ragazze più o meno disinvolte che dai due superbulli incontrati all'ingresso. Una bionda mi viene a chiedere qualcosa che non capisco. Va bene la musica alta, va bene che lei forse è un po’ brilla e il mio tedesco non è il massimo, ma quando alla fine capisco cosa mi sta chiedendo, ovvero se sono amico della ragazza con le ali tatuate dietro le spalle, mi rendo conto che la qualità del no-sense della sua domanda è tale che tutte le altre giustificazioni passano in secondo piano. “No”, “Io sì - mi risponde - vuoi che te la presenti?”, “Grazie, semmai dopo”. Sono qui solo per guardare, per scrivere sul mio blog, ho chi mi aspetta a casa e non sono il tipo che fa certe cose in pubblico, mentre lo è Chris che, quando cerchiamo di capire dove sia finito lo troviamo in piedi di spalle schiacciato sul muro con la sua ragazza sedutagli davanti sul divanetto. Buon per lui.
In fondo alla sala, su di un letto matrimoniale, un omaccione nero, un Mike Tyson dei tempi d’oro, tiene ben aperte le gambe della ragazza bianca in carne che gli sta stesa davanti dando a tutti gli astanti una dimostrazione di come alcuni cliché quantitativi siano assolute verità. Su di un palo una biondona alta, corposa, ma alla fin fine perfetta nella sua imponenza da moglie di Odino, si atteggia attorno un palo mentre un uomo, un altro zerbino, si fa mettere il tacco lucido nero in bocca, felice di quell’umiliazione mentre con due dita si fa spazio tra le gambe e le mutandine di lei. Le scene cult sono così tante che alla fine ti sembra tutto normale e anzi quasi rimani deluso dalla quantità di gente che non fa nulla, ti avevano parlato del KitKat come della fiera della trasgressione, ma vabbè, queste cose le ho già viste e di peggio da altre parti, anche se effettivamente, se devi essere onesto con te stesso, è la prima volta che non le vedi davanti ad uno schermo. Alla fine gli etero sembrano molti di più degli omo. C’è chi ha fatto finta di non sentire il richiamo al levarsi i pantaloni e sembra appena uscito da un laboratorio di fisica dove ha studiato tutto il pomeriggio e chi, soprattutto spagnoli, è arrivato con carovane di amici e passa la serata complottando sul come entrare la prossima volta nel locale portandosi dentro qualche bottiglia alcolica che senza proprio non si sente nel mood per la festa. Il mio collaboratore ha capito che la serata non gli sorriderà, è single e se gli capitasse un’occasione di buon livello non se la lascerebbe scappare (è uno dei pochi ragazzi che dovunque vada normalmente rimorchia, ha il fascino di un Di Caprio ante Titanic, ma moro). A forza di sorridere e curiosare sono già le cinque e mezza. Chris se ne è già andato da un po’ e noi ci dirigiamo verso il guardaroba. Mentre ci rivestiamo vedo la biondina e l’amica con le ali che se ne stanno andando via con uno dei due superbulli. Lui non sorride, non fa parte del suo stile, ma lo sguardo è quello di chi ha appena fatto bingo e sta per andare alla cassa a ritirare. E’ felice, ma vuole che gli altri che lo osservano rosichino senza prenderlo in giro, come se fosse normale che alla fine vincesse lui. Ma noi in fondo siamo più felici di lui, anche s ea mani vuote...potremo dire: "Noi c'eravamo"....




STUDIOPIGI consiglia:
Gli hotel: Singer109 (Berlino - Mitte), Zarenhof Prenzlauer Berg (Berlino - Prenzlauer Berg), Ludwig van Beethoven (Berlino - Kreuzberg)
I ristoranti: Schwarzwaldstuben, Max und Moritz, Gugelhof (dove STUDIOPIGI è di casa...))))...)

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